giovedì, febbraio 23, 2006

Simboli e Proiezioni?


Mi viene in mente che Tolkien parlava di distinzione fra "fantasia" e "morbosa illusione", quindi mi chiedo: dove finisce l'interpretazione dei simboli e dove inizia la loro forzatura a giustificazione delle distorsioni della nostra psiche? Qual' è il confine fra l'analisi neutra dei segnali e la proiezione su di essi di nostri bisogni più o meno indotti, più o meno autentici?

Edoardo Volpi Kellermann


Il significato che l'uomo attribuisce a una qualsiasi cosa, che quindi diviene un simbolo è sempre un attribuzione derivante dalla psiche umana e collegata al mondo magico e simbolico dell'infanzia.

Gli psicanalisti si rifanno ai concetti sessuali a causa della dinamica edipica che caratterizza l'infanzia dai 3 anni. È certo che, rifacendomi a quanto citato nel blog, spesso si attribuisce a determinati oggetti la caratterizzazione sessuale proprio perché tale argomento pregna la vita di ogni individuo in modo ineliminabile, vuoi a causa delle pulsioni, come affermava Freud, o come reazione agli antichi Tabù sociali.

Perciò ritengo che spesso tali attribuzioni derivino da una forma di giustificazione, sicuramente inconscia, al desiderio di trattare tali argomenti da parte dell'uomo.

Il bambino utilizza i simboli per risanare il più possibile le ferite inferte dalle inevitabili frustrazioni che la relazione con l'altro realizza; così l'uomo adulto forza alcune immagini simboliche per sua gratificazione personale.

Il confine tra forzatura e l'interpretazione neutra dei simboli è da ricercare all'interno di se stessi nel momento in cui si interpreta un simbolo.

Carmen Rusca dello Smial Bolgeri

Images by: Alan Lee

martedì, febbraio 21, 2006

L'orrore delle fiabe


Caro Melog,

vorrei rispondere a quella madre di cui stamani avete fatto ascoltare l’accorato messaggio durante la vostra trasmissione radio: “di fronte all'orrore delle fiabe, come quella di Cappuccetto Rosso che viene mandata dai genitori nel bosco a essere mangiata dal lupo, o come quella di Hansel e Gretel che stanno per essere divorati dalla strega, meglio le fatine televisive”.

Senza voler nulla togliere alle fatine, che se piacciono così tanto evidentemente qualcosa di buono lo rappresentano, che grave, gravissimo errore educativo. Cara signora, lei come tanti altri pensa di far crescere i propri figli in un mondo "imbambagiato", senza paura, senza terrore, senza il senso del pericolo.

Stiamo crescendo una generazione di lobotomizzati, incapaci di rendersi conto di quanto succede nel mondo, proprio perché gli è stata negata la fruizione di quelle antiche fiabe, di quei miti millenari che rappresentano e rielaborano la paura dei pericoli reali, delle aspre battaglie esteriori o interiori che presto o tardi dovranno affrontare.

E così giungiamo all'estrema conseguenza di quanto successe nel XIX secolo, quando le fiabe e i miti furono edulcorati, ridotti e relegati nelle stanze dei bambini, come mobili vecchi che non interessano più, e gli adulti iniziarono a vivere questa dicotomia fra fantasia e realtà - come se prima non si sapessero distinguere - che li rende incapaci di rapportarsi con i bambini perché non sanno più dialogare con quanto di nuovo e fresco è rimasto in loro stessi.

Si legga con attenzione questo articolo di una delle più grandi scrittrici americane viventi, e ci mediti su: Su Tolkien e le Fiabe


Edoardo Volpi Kellermann

Immagine by: Ted Nasmith

giovedì, febbraio 16, 2006

Giocare con i simboli


Ma il Signore degli Anelli è Gay?

In risposta alla trasmissione Melog su Radio 24.

Stamani stavo, come sempre, seguendo la divertente e dissacrante trasmissione Melog su Radio 24 condotta da Gianluca Nicoletti (già autore della mitica trasmissione Golem) che analizza e commenta con spietata e sarcastica lucidità il linguaggio televisivo.

L'argomento della puntata toccava anche la violenza in TV e i bambini e l'intervento di un ascoltatore ha tirato in ballo Il Signore degli Anelli. Con le orecchie ben ritte ho ascoltato l'ascoltatore, padre di un bambino di 6 anni a cui aveva fatto vedere l'intera trilogia, trovandola assolutamente scevra da qualunque forma di violenza gratuita e della quale il pargolo si è innamorato, restandogli comunque accanto per tutto il tempo e spiegandogli ad esempio cosa rappresentano gli orchi nella mitologia nordica.

Il conduttore ha allora risposto citando come contro-esempio l'interpretazione data alla storia dal film Transamerica dove il figlio della protagonista transessuale, ovviamente provato da una vita di eccessi, spiega alla madre / padre come il Signore degli Anelli sia in realtà gay. Il simbolo della Torre Oscura, questo enorme membro maschile che punta verso una sorta di vagina infuocata... Frodo e Sam che entrano in un oscuro antro per gettare l'anello in una vasca ribollente... Frodo che fallisce, e viene punito da Gollum con l'amputazione...

Deliziato da tale profondità di analisi, ho scritto subito dopo alla redazione di Melog:

Caro Melog,
l'interpretazione del Signore degli Anelli donataci dal povero figlio stravolto della protagonista di TransAmerica è solo l'ulteriore dimostrazione che sapendo maneggiare un poco i simboli si può affermare tutto e il contrario di tutto, come i sofisti a suo tempo avevano dimostrato e come i mass media oggi riescono a fare con cotanta bravura (vedi caso aviaria).
Mi chiedo cosa il triste personaggio avrebbe pensato di Piazza dei Miracoli...
Elen síla lúmenn’ omentielvo (una stella brilla sull'ora del nostro incontro)

Dopo 7 minuti di orologio vengo contattato da una simpatica signorina della redazione che mi invita a lasciare lo stesso messaggio, questa volta in forma vocale, sulla segreteria telefonica della trasmissione per la puntata di venerdì 17 febbraio, alle 08:30: e così ho fatto.

Da questa pagina è possibile ascoltare le trasmissioni per intero oppure un estratto da entrambe le puntate relativamente a questa discussione.

Edoardo Volpi Kellermann

venerdì, febbraio 10, 2006

Sotto le orecchie a punta


“In una caverna sotto terra, viveva un Hobbit”.

Quando scrisse distrattamente questa frase sul retro di un compito che stava correggendo, il prof. John Ronald Reuel Tolkien certo non immaginava che avrebbe cambiato di lì a qualche anno la storia della letteratura del XX Secolo e l’immaginario di milioni di persone in tutto il mondo.

Dai tempi in cui aveva prestato servizio militare durante la Prima Guerra, lavorava su un grande corpus mitologico, un legendarium nato dalla sua passione per le lingue e le antiche leggende norrene e anglosassoni, ma per suo piacere personale. Mai avrebbe creduto che tali opere avrebbero potuto interessare qualcun altro.

Quando questa personale mitologia fece da ambientazione prima al “Lo Hobbit” e poi al Signore degli Anelli (1955), divenne in un certo senso una mitologia autentica, risultando quest’ultimo il libro più venduto nella storia dopo la Bibbia.

La passione per queste storie e questo mondo immaginario, la Terra di Mezzo, continua ancora oggi senza perdere un colpo, visto l’afflusso di oltre 4.000 persone giunte alla Cascina Robbiolo di Buccinasco dal 20 al 22 gennaio scorso.

Evidentemente i libri di Tolkien parlano al cuore, e come ogni buona fiaba possono (anche se non intendono) insegnarci qualcosa; e coloro che si mettono le orecchie a punta e i costumi elfici non sono disadattati incapaci di vivere nel mondo “reale”, bensì persone che amano le belle storie e l’etica che le sottende, la natura, la bellezza, la musica, la poesia: tutto ciò che esiste di elfico al mondo.

Così fra giochi di ruolo e laboratori artistici per i ragazzi, conferenze di studiosi e letterati e concerti di musica classica, celtica o Rock, combattimenti con la spada e splendidi costumi, frasi in elfico e gadget ispirati alla trilogia cinematografica – che è stata proiettata in toto dal pomeriggio alla notte inoltrata di venerdì – si nasconde qualcosa di ben più profondo, un “non so che” di Tolkien come avrebbe scritto il grande bardo: un amore per il mondo che si esprime e lo trascende attraverso la fantasia.

Edoardo Volpi Kellermann